Il concetto di collaborazione può essere applicato a vari contesti: la collaborazione intesa come rapporto di lavoro autonomo tra un committente e un consulente o tra professionisti del medesimo o di differenti settori.
Di qualunque delle due si tratti, l’argomento collaborazione è molto trattato, in maniera spesso teorica e talvolta anche retorica: è bello collaborare, ci si arricchisce a vicenda, si impara reciprocamente, ecc.
La verità è che occorre fare un passaggio più intimo, più privato, più introspettivo per capire quando, quanto, su che cosa, con chi ci fa piacere collaborare.
Perché non è vero che le collaborazioni sono sempre semplici, talvolta non sono nemmeno gradite e addirittura rischiano di diventare controproducenti per noi e per il nostro lavoro. Allora, senza ipocrisie e falsi buonismi, bisognerebbe fare un’analisi il più possibile veritiera, forse anche spietata, di noi, innanzi tutto, e dell’altro, possibile collaboratore.
Partiamo da noi: di che cosa ci occupiamo? in che cosa eccelliamo? quali sono i nostri punti di forza? quali invece le nostre aree di miglioramento? ci interessa approfondire queste aree o preferiamo concentrarci su ciò che sappiamo fare già bene per arrivare a farlo ottimamente? che cosa manca alla nostra offerta che ci piacerebbe aggiungere? siamo disposti ad apprendere o preferiamo delegare/affidare ad altri?
E del nostro possibile collega/collaboratore che cosa pensiamo davvero? ci piace professionalmente parlando? ci fidiamo di lui? pensiamo che possa portare valore al business o al progetto? lo riteniamo preparato e valido? affidabile? presentabile?
Sono queste e molte altre le domande da porci, le cui risposte in realtà non garantiranno mai il buono svolgimento della collaborazione o il raggiungimento dei risultati e degli obiettivi prefissati, ma saranno comunque determinanti per decidere se intraprendere una collaborazione, su quali basi e presupposti, quali aspetti definire, quali conoscenze condividere, quali obiettivi prefissare.
Una collaborazione, in fondo, non è meno delicata di un qualunque rapporto interpersonale.
Non si tratta di fondare una società, ma pur sempre di stabilire delle condizioni affinché la relazione possa funzionare al meglio. Come in tutti i rapporti interpersonali, a volte le cose partono bene e filano lisce, altre volte occorre un poco di tempo, conoscersi meglio, misurarsi nelle rispettive caratteristiche personali e professionali. Nessuna delle due partenze, né quella più fluida e apparentemente più facile, né quella più lenta e “delicata”, sono sinonimo di collaborazione lunga e proficua. Talvolta le cose cambiano, proprio perché non ci si conosce, perché in fondo siamo tutti essere umani che rivendicano una propria autonomia, propri valori e che desiderano consciamente o meno che questi vengano riconosciuti. Occorre essere solidi, centrati, stabili, equilibrati per poter collaborare serenamente con un’altra persona, proprio come avviene nelle relazioni interpersonali di qualunque natura.
L’equilibrio, il rispetto, l’essere accomodanti e accoglienti quanto il nostro carattere ci consente, mentalmente aperti, nonché sereni ed equilibrati ci permetterà sicuramente di tessere relazioni e quindi collaborazioni gratificanti e di lunga durata. Conoscere i propri limiti, ammetterli, talvolta dichiararli, ben dispone il nostro interlocutore e lo invita indirettamente a fare lo stesso.
Ostacoli se ne incontrano spesso e di viaria natura e il mondo delle collaborazioni non può esserne esente. Ma gli ostacoli si affrontano, i problemi si superano, meglio ancora se insieme.
Se è vero che alcune collaborazioni nascono subito sotto una buona stella mentre altre no, è altrettanto vero che le situazioni possono mutare. Nella mia esperienza, le fasi preliminari, di dialogo, di definizione, di confronto, sono le più importanti. Se c’è sintonia e se si potrà nel tempo rafforzare o se si potrà creare, è qualcosa che si percepisce fin da subito. I rapporti che iniziano in maniera stentata e difficoltosa, raramente scorreranno poi lisci. Non è detto, ma è più raro che accada. Viceversa quelli che iniziano in maniera più naturale e più spontanea hanno più possibilità di riuscita e anche di superamento di eventuali crisi. Credo che si tratti di leggere i segnali, ascoltare quella voce interiore che tutti abbiamo e che raramente sbaglia (perché ci conosce, non perché sia di per sé infallibile) e seguire ciò che ci consiglia.
E anche essere flessibili, adattabili, pronti. Proprio perché nulla è definibile al 100%, nulla è prevedibile con certezza, la capacità di sfruttare le situazioni al meglio, di volgere le difficoltà in opportunità, di vedere il positivo in sé e negli altri, e valorizzarlo e ricordarlo, diventano requisiti preziosi, quasi salvifici.
Quindi ben vengano le collaborazioni e ancor più, in quanto strettamente connesse, ben vengano il dialogo, il confronto, la curiosità, la voglia di dare, la capacità di ricevere.
Maria Giovanna Oggero