In un’epoca in cui molti contatti avvengono in rete, per motivi professionali o personali, per collaborazioni di lavoro o per tessere nuove relazioni o anche semplicemente per un’avventura, tra chat e assistenze online, siti di incontri e lavoro da remoto, sarà capitato a tutti che alla conoscenza virtuale sia seguita una conoscenza reale. A me è accaduto diverse volte e per i più svariati motivi.
Sicuramente è accaduto con qualcuno con cui abbiamo parlato al telefono e poi abbiamo incontrato di persona, ma con qualcuno che non si è mai sentito in diretta, ma solo visto in video o a cui si è scritto solo qualche messaggio, privato o in uno dei gruppi che si condivide, è particolare.
La nostra mente è limitata, occorre ricordarlo, e con essa anche la nostra immaginazione. Spesso ci rifacciamo a un singolo elemento a cui associamo una persona: una foto nella maggioranza dei casi, ma anche una frase, uno scambio, una battuta. Sulla base di quel singolo elemento costruiamo i tratti principali dell’altro individuo, a partire dall’aspetto fisico e a seguire quello caratteriale.
Abbiamo un’idea che ci pare generica fin quando non la confrontiamo con la realtà, fin quando non si scontra con ciò che è reale. A quel punto ci accorgiamo che una persona la immaginavamo più bionda o meno alta, più sorridente o meno socievole, più aperta o meno preparata. Solo in quel momento capiamo quindi quanto fosse dettagliata la nostra idea, talvolta basata su più elementi, come per persone con cui avevamo sia parlato al telefono che scambiato un paio di email, talvolta, e direi soprattutto, per le conoscenze più superficiali. Modi di essere in rete che talvolta non rispecchiamo del tutto il modo di essere fuori dalla rete, e viceversa, o solo in parte, così ci pare perché alla fine, che cosa ne sappiamo noi?
E scopriamo così l’unica cosa che già sapevamo, ma che ci eravamo dimenticati, ovvero che una fotografia non è una persona, una citazione non è una persona, una chiacchierata non è una persona. Meno male! – mi permetto di aggiungere. Ma a volte è come se ce lo dimenticassimo, è come se sentissimo il rassicurante bisogno di capire, di schematizzare, di conoscere, perché ciò che non conosciamo può farci paura, può essere faticoso da avvicinare, può metterci in difficoltà.
Sorprese più belle e sorprese meno belle, è naturale, ma sempre sorprese. E sorprendersi, a mio avviso, è una delle cose migliori che possano capitarci!
Siamo una cinquantina, tutti Assistenti Virtuali o aspiranti tali, quasi tutte donne, gli uomini si contano sulle dita di una mano, forse giuste giuste!
In un chiacchiericcio simpatico e informale, in un vociferare allegro e gioviale trascorre la nostra mattinata, tra nuove nozioni che ci vengono trasmesse, vecchi nozioni che ci vengono riconfermate, confronti, domande (tante domande!), considerazioni e riflessioni individuali o collettive.
Lo spazio per la conoscenza più personale è affidata al pranzo perché si sa che intorno a una tavola si è un po’ più amici.